Riflessioni sull’ora di religione

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Il collega Stefano Armellin mi ha inviato in questi giorni una sua riflessione sull’Insegnamento della Religione per la quale spera si apra un dibattito. Sicuramente l’irc è divenuto un tema caldo di questi tempi e uno scambio di idee in proposito non può fare che bene. Ve la riporto qui sotto.

La scelta educativa è una scelta missionaria qualunque sia la materia del docente.Se è autentico svolge una missione pedagogica per il bene sia della comunità locale sia di quella mondiale. Premessa di autenticità per l’insegnante di religione (IdR) è la vocazione. Perciò fanno bene quelle Diocesi che non si accontentano del titolo e della testimonianza di vita cristiana, ma chiedono al candidato alla docenza di superare un esame di abilitazione. Questo è un segno di attenzione alla persona dello studente, al quale si deve garantire un docente consapevole, e non, come purtroppo ancora capita, un docente raccomandato.
L’arte di educare le persone umane di tutte le età della vita, ha la sua radice nell’Amore di Dio e del prossimo. Dopo, vengono le metodologie.
E’ un insegnamento debole quello dell’IdR che non tenga conto della presenza attiva di Dio nella storia. Altresì è forte, se si rivolge alla comunità scolastica come testimone della fede, fede che è la manifestazione visibile della Verità, il volto autentico di Gesù Cristo.
L’IdR saggio non disgiunge la teologia pastorale dal sapere teologico, proprio per non indebolire il senso della sua missione e la bontà del suo atto di fede.
Nel rispetto dei programmi scolastici, l’arte di educare, richiede la capacità di cogliere bene l’attenzione della classe. L’attenzione è psicologicamente la terra fertile nella quale seminare la Parola. Non dobbiamo cedere su questo punto, dando credito alla obsoleta obiezione, di chi sostiene che l’IdR non deve fare catechesi. Siamo d’accordo, la professionalità docente dell’IdR non si circoscrive al Catechismo della Chiesa Cattolica, ma non per questo si deve dimenticare la Parola, origine e compimento di tutta la materia. Tanto più, che le nuove generazioni crescono anche in contesti marginali, e lontani, da testimonianze di fede autenticamente pensata e vissuta.
La fede è il vero collante di tutti gli aspetti formativi dell’azione educativa interdisciplinare. La proposta degli IRC (insegnanti di religione cattolica) è bella, è buona, è giusta. Fatta per unire e non per dividere i saperi delle altre materie. Questa disciplina ha tutte le caratteristiche di quell’ indispensabile punto d’equilibrio fra teoria e prassi. Ovvero: come mettiamo in pratica le conoscenze acquisite ? con che stile, con quale condotta, con che dignità e responsabilità umana verso l’altro ? Qui, la domanda di senso è radicale : sto utilizzando bene il mio tempo ? Ecco, se c’è un’ora che ha il potere didattico di definire il tempo e la sua importanza per la vita di relazione, nella prospettiva del bene comune, questa è l’ora di religione cattolica. Che diventa così strumento non solo complementare, ma necessario, per un’educazione contemporanea sempre più cosmopolita.
In conclusione, il compito non facile dei direttori diocesani e regionali IRC, è quello di discriminare il gruppo docente più adatto per la scuola. Coloro che sono più consapevoli del senso della missione cristiana, nell’arte di educare alla religione cattolica, in spirito di fede, carità e speranza. Con queste caratteristiche anche nella scuola Statale, soprattutto in quella Statale, continuerà ad essere incentivato e favorito, l’incontro e l’amicizia con Dio nostro Padre. E finalmente, anche l’insegnante di religione cattolica, potrà dire con l’Apostolo : “Non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me” (Gal 2,20).
Stefano Armellin



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