“Don Milani – La vita” è l’ultima biografia in ordine di tempo sulla figura di don Milani, scritta da Mario Lancisi, giornalista del “Tirreno” e autore di altri saggi sulla figura del sacerdote fiorentino tra i quali ricordiamo “Il segreto di don Milani”, “No alla guerra! – L’obbedienza non è più una virtù di don Lorenzo Milani e il movimento per la pace e la non violenza”, tutti editi da PIEMME.
Il libro raccoglie in una sintesi ben articolata tutte le riflessioni e le ricerche svolte in questi ultimi anni sulla figura di don Milani, sul suo percorso spirituale, sul suo lavoro pastorale, sul rapporto con la Curia Fiorentina e con il Vaticano, in modo particolare con Giovanni XXIII. Devo dire che il libro si legge molto bene e suscita nuovi interrogativi su una delle figure più controverse della chiesa italiana del ‘900. Ho rivolto all’autore alcune domande su don Milani e sul tempo che stiamo vivendo per cercare di cogliere nell’oggi l’attualità del suo messaggio di uomo di fede e di educatore. L’intervista la potete leggere qui sotto:
Che cosa secondo te don Milani ha ancora da dire alla società e alla chiesa del 3° millennio?
Sono convinto che con il passare del tempo la figura di don Milani è destinata ad ingigantirsi ulteriormente. Finora infatti è stata un po’ compressa nelle strumentalizzazione politiche di un’Italia appena uscita dalla guerra fredda. Don Milani in realtà è stato uno dei più grandi intellettuali del Novecento. Oltre che un profeta di prima grandezza. Si pensi che in vent’anni – dal 1947, anno in cui è stato ordinato sacerdote, al 1967, l’anno della morte – don Milani ha prodotto tre testi fondamentali. “Esperienze pastorali”, 1958: anticipava la riforma religiosa del Vaticano II. “L’obbedienza non è più una virtù”, 1965: i temi della pace, non violenza e del primato della coscienza. “Lettera a una professoressa”, 1967: la scuola, la cultura, la formazione. Il modo in cui don Milani ha affrontato questi temi è di straordinaria attualità. Per la società e per la Chiesa.
Don Milani affermava di voler essere il parroco degli zingari, secondo te che cosa avrebbe da dire sulla questione dei Rom in italia?
Spesso mi chiedono: secondo lei che cosa farebbe don Milani oggi riguardo a questa o a quest’altra questione? Don Milani un mese prima di morire chiuse la scuolina di Barbiana e bruciò lettere e documenti. Per dire che non lasciava un modello, ma un messaggio. E il messaggio della sua vita è nella sequela di Cristo e del suo Vangelo “sine glossa”. Non so cosa direbbe dei rom, so che si schiererebbe dalla parte degli ultimi. La fatica e la responsabilità di determinare nella nostra vita chi sono gli ultimi, gli uomini feriti sul giaciglio della strada di Gerico, spetta a noi. Per capire don Milani bisogna avere il libro del Vangelo sempre aperto. In particolare, credo, alla pagina del Samaritano.
Se oggi don Milani fosse sempre vivo riscriverebbe “Lettera ad un professoressa” oppure si rivolgerebbe di più ai genitori come incapaci di educare i propri figli ma al tempo stesso prepotenti oltremodo nel mondo della scuola? (mi riferisco al discorso che fai a pagina 176)
Vale il discorso fatto alla pagina precedente. Don Milani era molto legato al “qui e ora”. Nel 1967 il suo “qui e ora” erano alcuni suoi ragazzi bocciati da una scuola classista. Logico quindi che si rivolgesse ai professori. L’Osservatorio scolastico di Pisa ha messo a confronto i dati della Lettera con quelli di oggi. La sostanza non è cambiata: nella scuola ci sono sempre i Gianni e i Pierini. E il dovere del cristiano è schierarsi dalla parte di Gianni. Se questo poi oggi comporta tirare qualche ceffone ai genitori, mi pare che l’aspetto sia secondario rispetto al nucleo vitale di “Lettera a una professoressa”.
Alla fine non aveva ragione un po’ anche la professoressa? Nel tuo libro emerge chiaramente la sua convinzione di aver fatto la cosa giusta….
Lettera a una professoressa in realtà è un grande elogio del maestro, dell’insegnante. Don Milani gli attribuisce il compito di fare emergere i talenti nascosti nei ragazzi. Non caso per don Milani – lo scrive in una lettera – essere maestro, essere prete e essere amante è la stessa cosa.
Nel tuo libro racconti di come don Milani era affezionato ad un insegnamento catechistico sul piano storico-geografico, pensi che don Milani avrebbe oggi fatto uso di internet per insegnare ai suoi ragazzi, ad esempio con le mappe di google?
La scuola di don Milani era molto viva e tutto ciò che serviva a fare emergere i talenti dei ragazzi lui lo usò: il grammofono, l’uso delle lingue, i viaggi all’estero ecc. Ovvio che avrebbe usato anche Internet.
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