La Parabola del Buon Educatore

ipod guyIn questi giorni sono state rese note le valutazioni del primo quadrimestre nelle scuole italiane. Materie a parte, 63 mila alunni, tra medie e superiori, hanno preso un 5 in condotta. Una cifra non da poco che corrisponde quasi sicuramente ad un disagio che vivono i nostri giovani a livello sociale e che si riflette poi nel loro rapporto con la scuola. Ci si chiede o ci dovremmo chiedere: in che modo aiutare questi ragazzi? Di quali educatori ha bisogno oggi la scuola italiana? Ho trovato in rete la “Parabola del Buon Educatore”, che a quanto mi risulta è stata scritta dai Salesiani argentini e non ancora tradotta in italiano. Grazie a Fabrizio, un collega di religione, che l’ha tradotta per me, ho pensato di inserirla in questo articolo per aiutare il nostro cammino di riflessione in vista del convegno di aprile.

In quel tempo, il Signore Gesù era alla porta di un lussuoso albergo dove si stava svolgendo un congresso sull’educazione. Alla fine della conferenza di quel giorno, iniziarono ad uscire gli esperti e gli inviati speciali. Gesù sorrise con piacere a tre bambini che ballavano intorno a lui davanti al disappunto dei suoi seguaci, allora un pedagogista che lo riconobbe, decise di sottoporlo ad una prova un po’ per curiosità e un po’ per farsi bello davanti ai suoi colleghi. Gli si avvicinò e gli disse: “Maestro cosa devo fare per essere un buon educatore?” Gesù gli rispose a sua volta: “Che cosa sta scritto nel libro della tua scienza?”. “Rispetta le tappe evolutive dell’allievo e incentiva nel ragazzo il desiderio di imparare, poi valutalo con giustizia”, disse il dottore di pedagogia, provocando una sorta di mormorio di approvazione tra i presenti. “Hai risposto bene” gli disse Gesù, “agisci così e raggiungerai la vita eterna per le vie dell’insegnamento”. Quindi per giustificare il suo intervento, il dottore di pedagogia fece questa domanda: “e chi è il mio allievo?”. Gesù torno a prendere la parola e rispose: “Un giovane frequentò per un periodo la scuola, i giorni passavano e il giovane vedeva soltanto crescere dentro di sè una sensazione di angoscia e di estraneità, davanti a tutte le proposte educative che gli venivano fatte, e il rapporto con i suoi insegnanti si deteriorava sempre di più. Da una parte per l’insensatezza delle proposte che gli venivano fatte, dall’altra per le difficoltà enormi che incontrava, ogni volta che gli si parlava in modo incomprensibile, e anche per la lontananza tra l’ambiente della scuola e la sua realtà quotidiana. Un giorno si stancò di stare chiuso in quelle quattro mura, si stancò dei gesti che molte volte lo avevano umiliato, si stancò di quelle parole che gli auguravano un futuro luminoso, e che tuttavia aumentavano l’oscurità del suo presente. Si stancò inoltre di quelle dinamiche che gli negavano tutto, e allora uscì dalla scuola e si mise gli auricolari del suo iPod, e decise di passare il suo tempo non facendo nulla, sconcertato, come ferito a morte nella sua speranza e si sedette ai margini della propria vita… la sua vita… guardandola morire poco a poco. Successe allora che passarono due alti funzionari del Ministero dell’Istruzione e commentarono quasi all’unisono: “quante persone buttano via il proprio tempo, in questo Paese dove l’uguaglianza di possibilità è un fatto, queste persone sono un affronto!! Queste persone fanno molto male anche alle nostre statistiche” e guardando il ragazzo lo accusavano dicendogli: “smettila di stordirti cercheremo a tempo debito qualche norma che possa risolvere casi come il tuo, però nel frattempo devi tornare a scuola”. Il giovane ovviamente non li ascoltava, ma comprese dalla durezza dei loro volti che lo stavano provocando, si ripiegò sul marciapiede e chiuse i suoi occhi. I due funzionari allora proseguirono il loro cammino velocemente senza accorgersi che davanti a loro stavano sopraggiungendo tre professori, che stavano finendo di discutere di una problematica socio educativa, e alla vista dell’atteggiamento di abbandono del giovane uno di essi commentò: “tipica conseguenza di un sistema educativo che esclude i giovani, non si fa altro che replicare le dinamiche tipiche di un sistema, vittimizzando le classi più marginali”. “E’ così, il metodo scolastico da importanza alla cultura dominante aumentando il divario rispetto agli emarginati che abbandonano la scuola non trovando in essa i valori della propria cultura popolare”, aggiunse il secondo senza nemmeno prendere fiato, tanto era ansioso di potersi esprimere con chiarezza su quello che stava osservando. Il terzo non si limitò ad ascoltare ma si sentì in obbligo di aggiungere: “…il che provoca una perdita di autostima che a sua volta genera una crisi di identità… e tutto un problema complesso colleghi”. Soddisfatti per aver potuto spiegare la situazione di questo giovane diventato oggetto di studio, proseguirono il loro cammino. Nel frattempo passò di lì una maestra che quasi inciampò sul corpo del ragazzo. Era sovrappensiero perché si stava ricordando che la Dirigente della scuola dove lavorava, facendo il doppio turno, l’aveva richiamata per il ritardo nella consegna del piano annuale didattico. Inoltre non aveva elaborato gli obiettivi e le finalità decise in una riunione con i padri luminari di tutta la comunità educativa. Nell’accurato raccoglitore o cartella nella quale conservava un così importante documento da mostrare all’Ispettore non appena avesse visitato la sua scuola, mancava solamente la sua programmazione. A nulla era servito il tempo impiegato in più per seguire il “piccolo riccardino”, che con i suoi dodici anni si faceva già carico dei fratellini più piccoli, mentre la mamma lavorava come inserviente per mantenere tutta la famiglia. A nulla era servito dedicarsi ad un progetto di lavoro e di sostegno ai suoi alunni per una mensa pubblica che si stava allestendo presso una parrocchia delle vicinanze. La sua prima reazione davanti al giovane riverso sul marciapiede fu di perplessità. Sentì di non avere una risposta adeguata per lui e spesso le succedeva così, e anche per questo le piaceva essere una maestra. La perplessità la induceva ad apprendere a ragionare. Si sedette a fianco del giovane, tolse un auricolare dall’orecchio del ragazzo e se lo mise per ascoltare la stessa musica fino alla fine del pezzo. E fu così l’occasione per la maestra di stendere la sua mano verso il giovane, lo guardò in silenzio e con un gesto lo incitò ad alzarsi e camminare. La semplicità del gesto e la serenità dello sguardo, vinsero ogni tipo di resistenza. Erano molte le ferite che avevano segnato l’anima di quel giovane, quelle stesse che gli avevano rubato l’illusione, così che la maestra non potè che farsene carico e cominciò a spiegargli qual era la sua ragione di vita, i valori che davano senso alla sua esistenza così complicata e scoprì la grande forza che aveva la pedagogia della tenerezza. Il giovane che intanto aveva cominciato a camminare in modo apatico, poco a poco sentì accendersi il cuore nell’ascoltare le parole della maestra. Si allontanarono sempre di più dalle vie del centro e la periferia li accolse in un abbraccio del tramonto, strade di fango, profumo di pane appena sfornato e il suono familiare del quartiere popolare. Arrivati ad un incrocio si imbatterono nella scuola e allora la maestra parlò al Dirigente e disse prima di andarsene: “abbiate un po’ di pazienza con lui perché la sua allegria è tuttora convalescente e le sue speranze si stanno ancora cicatrizzando, ed è per questo che il suo desiderio di imparare non si manifesta apertamente. Insegnateli con dolcezza, aiutandolo a scoprire le sue potenzialità, quelle che nascono dal profondo e se qualche cosa non capirà, col tempo lo capirà da solo”. Finita la storia Gesù chiese al dottore di pedagogia “chi ti è parso che si sia comportato come un educatore del giovane?” Il dottore rispose “la maestra che passò per ultima, seppe fargli compagnia da prima con il suo silenzio, e poi con la parola, stabilendo così con lui un compromesso: condividere la speranza”. Allora Gesù disse: “và e comportati nello stesso modo”.

Fonte della Parabola: Tic en el area de Religion

Fonte del post: iEducAzione



I Link di Religione 2.0 – 07.03.2010

Attività: costruire un Albero di Gesù per la Pasqua

La tradizione di costruire un Albero di Jesse nel periodo natalizio, può essere trasferita anche nel periodo quaresimale. Di cosa sto parlando? Di realizzare su un cartellone un vero e proprio albero con tutti i suoi rami e al posto delle foglie sostituire piccole immagini che riguardano Gesù e il tema della Quaresima e della Pasqua. Possiamo ad esempio inserire la croce, il pane e vino, la palma, la corona di spine ecc…

In classe una volta realizzata la struttura, si potrebbero aggiungere, settimana dopo settimana, gli elementi decorativi, magari realizzati dagli alunni stessi oppure stampati direttamente dal computer. Meglio se riusciamo a metterli in sequenza come avviene proprio nelle celebrazioni liturgiche. Ad esempio possiamo iniziare con un disegno sulle ceneri, poi con le tentazioni, con la resurrezione di Lazzaro, le Palme ecc… Questo anche per dare il senso dell’attesa della festa di Pasqua da parte dei cristiani. Se avete bisogno di immagini pasquali da attaccare al vostro albero le trovate segnalate in questo post. Buon lavoro.

Via: Showerofroses



Costruisci l’Arca di Noè con l’iPhone

Lil’Noah è un simpatico gioco per iPhone con il quale i bambini possono costruire l’Arca di Noè; una avventura che conduce il bambino attraverso la storia di Noè nel Vecchio Testamento. Lo scopo del gioco è semplice, aiutare Noè a raccogliere materiale per costruire la sua Arca, radunare gli animali, e sopravvivere al diluvio universale. Ci sono quattro diversi livelli di gioco e naturalmente bisogna arrivare alla fine, senza morire, nel miglior tempo possibile. Lil’Noah non è l’unico gioco dedicato a Noè. Ne potete trovare altri sempre su Apple Store, anche se questo credo sia il più simpatico di quelli al momento in commercio. Lil’Noah si scarica a questo indirizzo e costa 2,99 dollari

Vi inserisco qui sotto i nomi e i link degli altri giochi e applicazioni dedicate a Noè:
Noah’s Ark Slide Puzzle
Noah’s Ark Scene Builder
Noah’s Ark

Via: iPhone Italia

2° Congresso Nazionale della SIREM sull’Educazione con i Nuovi Media

Vi volevo segnalare il congresso nazionale della “Società Italiana di Ricerca sull’Educazione Mediale”, “Media – Tecnologie – Scuola”, che si svolgerà a Roma il 25 e 26 Marzo prossimi. Con il patrocinio di WeCa (Webmaster Cattolici), il Congresso affronterà le tematiche legate all’uso dei media e delle tecnologie nella didattica. Il programma è molto ricco, ci saranno interventi del Prof. Rivoltella dell’Università Cattolica, di altri docenti universitari sempre legati alla Sirem, di esponenti del Miur e dell’Ansas.

All’interno delle due giornate anche esperienze didattiche concrete legate al progetto Cl@ssi 2.0. Una buona occasione per riflettere sulle tematiche che stiamo affrontando in parte anche su questo blog.

Fonte: iEducAzione

iEducAzione a quale prezzo?

L’ingresso delle nuove tecnologie nel mondo dell’educazione pone alcuni problemi di ordine etico e morale, soprattutto laddove la disuguaglianza sociale è ancora una realtà di fatto. Non sto parlando dei paesi in via di sviluppo, dove il digital divide è evidente e dove però si stanno già pensando soluzioni a basso costo per fornire la tecnologia ai bambini più poveri; mi riferisco piuttosto allo “svantaggio mediale” di casa nostra, a quei giovani che non sono cresciuti con la tecnologia a portata di mano, e che già adesso soffrono la distanza con i loro coetanei più “attrezzati” o, per dirla tutta, più “ricchi”. Sto parlando dei nuovi poveri, dei figli di immigrati, per la maggior parte sprovvisti di un computer e di ogni altra apparecchiatura elettronica. Non è fantasia purtroppo, chi vive nelle scuole di frontiera lo sa bene. Mi viene in mente la frase che disse una povera donna a un Lorenzo Milani ancora giovane, e non ancora prete, che mangiava beatamente un panino in una zona degradata di Firenze: “Non si mangia il pane bianco nelle strade dei poveri!”. Bisogna stare attenti quando si parla di nuove tecnologie, sia come educatori, che come Chiesa, ad accogliere tutti, anche coloro che al momento soffrono per questa mancanza.

Mi chiedo se le nostre parrocchie, le nostre diocesi non dovrebbero mettere a disposizione dei giovani “spazi di connessione” alla rete, gratuiti, protetti, educativamente propositivi ed efficaci. Occasione per dimostrare ancora una volta la vicinanza e l’attenzione della comunità ecclesiale ad un problema rilevante come quello del mondo giovanile più indigente.

Al tempo stesso promuovere una cultura dell’open source, del computer a basso costo, come quelli che Negroponte sta proponendo ai paesi poveri. Una sorta di “Carità Digitale” mi verrebbe da dire, e la Chiesa sono sicuro saprebbe fare bene in questo senso. Nel video qui sotto, viene illustrato il progetto “Pc nello Zainetto”, per fornire gli alunni di un computer low cost come sviluppo, anche nella scuola italiana, dell’idea di Negroponte.

Fonte: iEducAzione

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